150 anni dell’Archivio di Stato di Roma. 1871-2021

Nell’anno 2021 ricorre il 150° anniversario della fondazione dell’Archivio di Stato di Roma, che venne creato all’indomani della Breccia di Porta Pia per custodire la plurisecolare memoria documentaria dello Stato Pontificio e di Roma capitale. Questo istituto rappresenta un luogo di straordinaria importanza per lo studio e la ricerca, data la rilevanza del patrimonio ivi conservato, da sempre oggetto d’attenzione da parte della comunità scientifica nazionale e internazionale, coprendo esso un arco temporale che va dal IX secolo ai giorni nostri. Qui infatti sono custodite pergamene e codici altomedievali ma anche le lettere originali scritte durante la prigionia dall’onorevole Aldo Moro.

Contrariamente a quanto era avvenuto in altre realtà statali preunitarie (Firenze, Milano, Venezia, Napoli), la nascita a Roma di un Archivio di Stato costituì un fenomeno tardivo. Fu infatti solo nel 1871 che le carte, testimonianza della storia plurisecolare del dominio temporale dei papi, divennero accessibili agli studiosi, dopo secoli di segretezza durante i quali gli arcana imperii – su cui i pontefici basavano la legittimazione del proprio potere – erano stati riservati a quella ristretta élite di amministratori e burocrati cui competeva l’amministrazione dello Stato.

La creazione a Roma di un Archivio di Stato rappresentò dunque un evento dal forte impatto politico e culturale, che suscitò gli entusiasmi della frangia più laica e anticlericale del mondo intellettuale, così come la disapprovazione di quanti si mostravano ancora sostenitori dell’assolutismo monarchico dei pontefici.

Sin dalla sua fondazione, le scritture conservate nell’istituto romano attirarono l’attenzione di studiosi di grande levatura, non solo poiché Roma rappresenta un oggetto di studio di dimensione universale, ma anche perché, data la particolare natura dello Stato pontificio, le carte che qui vennero custodite erano lo specchio dell’intero orbe cattolico.

Se inizialmente le ricerche condotte si indirizzarono principalmente verso la paleografia e la diplomatica, con il Novecento vennero realizzati fondamentali lavori di natura storica o legati agli studi artistici e architettonici, come testimoniato dalle iniziative dedicate a figure quali Caravaggio e Borromini, che hanno lasciato tracce notevoli della loro vita e della loro opera nelle carte romane.

Un ruolo fondamentale nella fruizione di questo immenso patrimonio documentario è stato svolto da più generazioni di archivisti che hanno prestato la loro opera nell’Archivio di Stato di Roma, a partire da Eugenio Casanova che, nel ruolo di direttore, fu il primo docente universitario di archivistica in Italia, nonché autore di un famoso manuale ancora oggi oggetto di riflessione critica.

La vocazione allo studio e alla ricerca che caratterizza l’Archivio di Stato di Roma sin dalle origini, è rimarcato anche dal luogo che da quasi un secolo lo ospita: il complesso borrominiano di Sant’Ivo, che per oltre cinquecento anni aveva costituito lo scenario in cui si erano mossi professori e alunni dell’antica Università La Sapienza, trasformatasi proprio nel 1870, con l’annessione di Roma allo Stato Sabaudo, da università pontificia in università italiana.